Skip to main content

Residenze

 LogoMiBACT2013   Regione

 

 

L’Associazione Settimo Cielo è risultata prima nella graduatoria del bando della Regione Lazio per la creazione e lo sviluppo di Residenze Artistiche – Triennio 2015 – 2017

Settimo Cielo, a fronte della lunga esperienza territoriale nella zona est della Provincia si Roma, attraverso  i progetti Medaniene Giovani, Contemporanea Aniene Pop Festival e Officina E.S.T. – Esperimenti Sul Territorio – Officina Culturale della Regione Lazio, mette a punto un programma che, se da una parte apre lo spazio del Teatro La Fenice di Arsoli alle giovani creatività, dall’altra utilizza la pratica residenziale e la permanenza degli artisti per intensificare il dialogo con il suo pubblico.

Un fitto programma di incontri, laboratori meta teatrali (progetto spettATTori) e di didattica della visione, con una particolare attenzione alle fasce deboli del pubblico – giovani, disabili, anziani, comunità straniere –  accompagna le permanenze degli artisti e delle Compagnie stimolandone la creativirà attraverso lo scambio attivo con il territorio, gli Enti, le associazioni locali.


Residenza “FAKE FOLK”  Andrea Cosentino – marzo 2021

IMG 4613Fake folk è un progetto di riconquista critico-carnevalesca della piazza e del folklore attraverso le nuove tecnologie. Una finta festa tradizionale, ovvero una performance itinerante fatta di teatro, cabaret, musica, danza, video, e al contempo un gioco di ruolo che coinvolge i partecipanti nella reinvenzione dei propri usi e costumi: una riflessione su come oggi convivono le identità locali con un immaginario reso sempre più omologato dalla globalizzazione. È un’installazione video-teatral-musicale contesa fra scena e spazio, immersione e attrazione, in bilico tra processione del santo patrono, sagra e fiera popolare; un format capace di contenere di tutto, perché in una festa che si rispetti è d’obbligo mettere troppa carne al fuoco.


Residenza “Woyzeck!” Chiara Taviani e Marco Quaglia – gennaio > giugno 2021

CD6DDB53 B224 45A3 BD3A 3C0C7E5F1699Durante la residenza l’interprete Marco Quaglia e la coreografa Chiara Taviani approfondiscono, grazie alla riscrittura drammaturgica di Letizia Russo, una nuova chiave di lettura dell’opera incompiuta di Büchner tramite lo studio del movimento e il linguaggio della danza. Danza non più scissa dalla parola, ma fonte inesauribile da cui la parola stessa fuoriesce.


Residenza “CartaSìa”  Drogheria Rebelot – aprile > maggio 2021

claps quattro granelli di pepe 289121Il progetto pone in dialogo la dimensione corporea  con il teatro di figura.

La presenza costante della materia che si anima e si trasforma è supportata dal teatro su nero, che offre la possibilità di passare costantemente da reale a immaginato e viceversa.

La carta, con le sue caratteristiche di duttilità e imprevedibilità, diviene l’elemento chiave per parlare della lotta che porta l’artista alla creazione.

Il progetto prosegue ad Arsoli un percorso in residenza iniziato nel 2019 e nel 2020 con il sostegno di Laboratori Permanenti al Teatro Comunale di  Sestino (AR).


Residenza “Anatomia di un fiore”  Valeria Wandja e Yonas Aregay – settembre 2021

10 400x400Cosa succede quando cogli un fiore? Cogliere un fiore è un gesto pratico, ma anche violento.  Chi coglie un fiore è responsabile del suo strappo e del suo viaggio, della sua destinazione. Portare per la prima volta un fiore sulla tomba di un padre. Un viaggio in cinque tappe, frammenti di vita vissuta a cui dare voce attraverso i cinque sensi. Una conversazione sulle nostre esperienze comuni ma diverse, sulle nostre radici, sulla fluidità delle nostre identità, sulla necessità di parlarne senza la narrazione retorica che ci sovrasta. Dalle periferie di Roma alle periferie del mondo, un percorso attraverso le nostre geografie interne ed esterne. Chi coglie ora e colt*, chi rifiutava ora è accettat*, i ruoli cambiano e saltano, a restare è solo la persona. E il fiore.

Progetto vincitore Bando Powered by Ref/sezione Anni Luce in collaborazione con il partner RomaEuropa Festival e con Carrozzerie N.O.T., ATCL Spazio Rossellini, Teatro Quarticciolo


Residenza “Il mio corpo è come un monte”  Giulia Odetto – settembre 2021

10 400x400Il mio corpo è c̶o̶m̶e un monte è un lavoro di accostamento fisico e visivo per contemplare la possibilità di un desiderio razionalmente irrealizzabile: voler essere una montagna. La potenza del desiderio può togliere forza alle regole della razionalità, le quali non permetterebbero di esaudirlo. Ma affidandosi ad altri livelli di percezione, abbandonando una fruizione logica degli elementi scenici e puntando su un immaginario vivido e stimolato, un essere umano può essere una montagna. Sfruttando la componente ipnotica della performance e dell’installazione visiva e sonora, avvicina lo spettatore ad un diverso stato di percezione, non affidato alla comprensione logica di quanto accade in scena: un percorso di accettazione dell’irrazionale.

Progetto vincitore Bando Powered by Ref/sezione Anni Luce in collaborazione con il partner RomaEuropa Festival e con Carrozzerie N.O.T., ATCL Spazio Rossellini, Teatro Quarticciolo


Residenza “Ecoica”  Blanca Tolsà – settembre > ottobre 2021

10 400x400Progetto multidisciplinare che investiga la relazione corpo/voce. Attraverso la rottura di quella armonia che unisce naturalmente le due dimensioni, voce/corpo, gesto/parola, pensiero/azione, Ecoica prova a raggiungere e sperimentare la dissonanza. Il progetto nasce da una riflessione sull’ incoerenza, sull’osservazione dell’illogicità dei comportamenti umani. Il suo punto di arrivo è trasferire nel corpo l’incoerenza che domina le nostre vite quotidiane, le nostre società, per rendere visibile la mancanza di corrispondenza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo; la distanza che esiste tra le nostre aspirazioni e convinzioni e i nostri reali comportamenti Ecoica esplora questo concetto attraverso il ritmo, il linguaggio del corpo, lo spazio sonoro e la voce.


Residenza “Dracula (himself) Bela Lugosi!”  Nicolò Valandro e Woody Neri – ottobre > dicembre 2021

10 400x400Il progetto svolge una  ricerca drammaturgica, portata avanti su un doppio binario: da un lato un’attenta indagine sul ruolo giocato dal cinema di genere a cavallo tra gli anni ’30 e gli anni ’50, e dall’altro l’indagine contemporanea sul vampiro, le declinazioni culturali, antropologiche e mediatiche che hanno lo ha reso archetipo fondamentale della contemporaneità. Accanto al lavoro sul palco, prende forma un diario-podcast che racconta le tappe della  ricerca , cercando di rispondere ad una domanda: come mettere in scena, oggi, un mostro?


Residenza “Ugo e Maria” Compagnia Cr.An.Pi – gennaio/febbraio 2020
CD6DDB53 B224 45A3 BD3A 3C0C7E5F1699
Dopo il successo de “La 
Classe_undocupuppets per marionette e uomini”, nel nuovo progetto dal titolo “Ugo e Maria’ Iacozzilli partirà, anche questa volta, da domande personali (“perché ho così tanta paura di mettere al mondo un figlio?”, “perché ho così tanta paura di dire che non voglio mettere al mondo un figlio?” e “perché oggi mi devo vergognare se sono una donna senza figli, abbassare lo sguardo se non sono genitrice?”) per indagare documentaristicamente sul tema universale della maternità, e della sua censura e/o autocensura; tema potente perché molto spesso rappresenta un tabù per le stesse donne. Nella visione di Iacozzilli, maternità è anche sinonimo di creazione e i figli sono quella parte di noi che riusciamo a esprimere attraverso l’elaborazione di un’opera d’arte visceralmente connessa con la nostra anima. Ma quanti progetti non vedono la luce? Non maturano dentro il grembo materno e rimangono lì, sospesi tra l’essere e il non essere? Le opportunità mai fiorite si affastellano e ci opprimono come figli mai nati che aspettano eternamente il momento di nascere, non nascono mai, o nascono già vecchi perché da troppo tempo in gestazione. Dalla ricerca ha preso corpo lo spettacolo “Una cosa enorme”presentato alla Biennale Arte settembre 2020.


Residenza “Le mille e una notte” Compagnia Lidelab – luglio 2020
IMG 4613
Il progetto ‘Le mille e una notte’ è uno spettacolo a tappe ambientato la notte prima del matrimonio di Shahrazàd, eroina e narratrice de “Le mille e una notte”.  In questa residenza vogliamo sviluppare il tema della memoria vista dall’infanzia ne “Le mille e una notte” in rapporto a chi siamo diventati attraverso la danza e il teatro di figura: un assolo in cui una performer si relaziona con il suo doppio bambino.  Ne “Le mille e una notte” alla nascita dei bambini vengono chiamati gli astrologhi per leggere loro il futuro. La trama delle storie racconta il processo attraverso il quale il destino si compie. Il progetto si sviluppa intorno alla figura di Sherazade, protagonista e narratrice de “Le mille e una notte”. La immaginiamo nella notte zero, la notte prima di sposarsi con il sultano quando inizierà a raccontare le magnifiche storie che l’hanno resa famosa. La immaginiamo nella sua stanza di ragazza che si chiede se sia diventata la donna che avrebbe voluto essere, se stia compiendo il suo destino e come le storie che leggeva nella sua infanzia l’abbiano influenzata. Come la protagonista vorremmo provare ad aprire un dialogo con i noi stessi bambini per capire chi siamo e se siamo diventati ciò che volevamo, per confrontare i nostri destini e i nostri sogni. Il progetto si è sviluppato in modalità remoto coinvolgendo in appuntamenti mirati su piattaforma Skype e a mezzo whatsapp, un gruppo di 9 persone del territorio (spettATTori).


Residenza “Luca 4 – 24”  Alessandro Sesti – agosto 2020
claps quattro granelli di pepe 289121
L’oblio. La solitudine. Una possibilità tanto assurda quanto reale. L’oblio come pratica necessaria per salvare una vita. L’oblio come annullamento e come impossibilità di comunicazione. Quando si riceve si può comunicare solo con un ristrettissimo numero di persone sotto controllo dei NOP. Si 
ècostretti ad allontanarsi dalla propria casa, per essere trasferiti sotto falsa identità in un nuova città dove lo Stato provvede a trovarti un lavoro. Si perdono così le proprie radici e prende vita un nuovo io che nasconde in seno la causa di questa condizione. Vogliamo affrontare la dualità della vita di Luca fino in fondo. Considerare ciò che poteva essere e che invece non è stato, a causa di quella decisione. Il matrimonio non avvenuto a causa di questo atto di coraggio. L’attività di famiglia che ha messo a rischio i suoi affetti. Raccontare la storia di Luca attraverso il teatro di narrazione e la danza. Il doppio mondo di Luca. Quello che tutti vedono, sempre solare, capace di vedere il bello anche dove non ce n’è, di tirare su il morale a chiunque, lui che ha visto il buio più nero; che sa portare al mare due signore sulla cinquantina e salutarle ringraziando per l’ossigeno che hanno portato nella sua vita. Luca il sole, la luce e le parole. Luca che ha visto il suo futuro andare in frantumi e un padre massacrato di botte da quelle bestie che in realtà cercavano lui. La casa da cambiare ad ogni incontro sfortunato e dover ricominciare ogni volta, le vie da imparare e le lacrime da ingoiare. La ricerca di un lavoro fra un’udienza e l’altra, gli amici che spariscono e un amore che forse amore non era. Luca che nuota in questo mare di pece ed emerge per dipingere nuovamente il suo futuro. Luca dal buio, nella musica, il corpo. Il progetto si avvale della collaborazione di un danzatore, una presenza in un primo tempo non prevista ad Arsoli poiché la residenza doveva riguardare il completamento del segmento drammaturgico. La circostanza del lock down e il conseguente fermo delle attività, ha permesso all’autore e attore di terminare la fase di scrittura. Questa la ragione che lo ha spinto a richiedere la possibilità di affrontare in residenza una diversa fase di ricerca.

Ne parla Theatron 2.0 qui.


Residenza “La moglie perfetta”  Giulia Trippetta – settembre 2020
54acbcc1b0016ab78aeaf2d7ae6fccf3
Una lavagna in scena, una donna vestita anni ’50 entra accolta da fragorosi applausi; si intuisce stia registrando una puntata televisiva di una rubrica rivolta alle donne. Il titolo della rubrica è “Si può far!” ed è volta all’istruzione delle giovani aspiranti sposine affinché comprendano e imparino le regole base per poter diventare le mogli perfette. Le Regole fanno parte di un reale decalogo distribuito in spagna tra il 1937 e il 1977 dalla “Sezione Femminile Franchista” ed era volto ad educare tutte le donne in età da marito. 
Fino a qui lo studio dei primi venti minuti. Ora sorgno domande a cui dare risposte: Chi è questa donna? Quale è la sua storia? Cosa si nasconde dietro quella maschera di donna perfetta? Crede realmente alle regole che impartisce con tanta dedizione o è semplicemente vittima del sistema che la accetta solo se aderente a degli stereotipi triti e kg di mascara? E perché questa donna uscita da un’epoca che sembra non appartenere più, parla invece alle donne di tutti i tempi?

Ne parla Tommaso Chimenti su Recensito qui.


Residenza “Partschótt”  Andrea Dante Benazzo – dicembre 2020
10 400x400
Il 29 ottobre 2018, la raffica di vento più forte mai registrata sulle Dolomiti ha sradicato oltre quattordici milioni di alberi. Il Passo di Costalunga, tra le zone colpite, a partire dal 1965 ha ospitato le vacanze di tre generazioni della mia famiglia. Nel 2016, in seguito al fallimento della ditta fondata da suo nonno, mio padre si trasferì nella nostra casa di montagna e vi rimase in solitudine per quasi due anni. Subito dopo la tempesta ho iniziato a raccogliere materiali sugli effetti del disastro climatico e sulla presenza della mia famiglia nel luogo. 
Partschótt ne è il risultato. Un archivio multimediale semi-privato che instaura un rapporto tra corpi e spazi presenti e passati. Indaga le implicazioni morali e politiche legate all’esposizione di materiale privato e si sviluppa attorno al processo del ricordo, tentando di rielaborare la storia di una perdita personale e collettiva.


Residenza “Che si trovino male” Giulia Angeloni – 3 > 9 giugno – 16 > 23 settembre 2019
CD6DDB53 B224 45A3 BD3A 3C0C7E5F1699
Un monologo sotto forma di racconto, in cui l’unica attrice dà vita a tre personaggi narranti. La storia viene scomposta e ricomposta come un puzzle dove passato e presente si intersecano. Lo studio indaga sulla situazione della scuola oggi e di un’emergenza sociale legata alle problematiche dell’adolescenza e della “diversità”, alla difficoltà di creare un dialogo costruttivo tra adulti e ragazzi, prendendo spunto dal passato: un esperimento didattico affiorato da vecchi nastri registrati e conservati in una biblioteca scolastica. Lì, le voci di vecchi allievi si confondono con quelle di una maestra Lara Ledda, appena
arrivata al nord dalla Sardegna: un’estranea lei stessa nell’Italia degli anni ’60.
In collaborazione con Accademia Nico Pepe di Udine – Premio Giovani Realtà del Teatro.


Residenza “Atto di adorazione”  – 16 > 30 giugno 2019
IMG 4613
Continua il lavoro creativo di Dante Antonelli attorno alle opere di Yukio Mishima. Prendendo le mosse dai racconti brevi dell’autore Giapponese, contenuti nelle raccolte “La Foresta in fiore”, “Atti di Adorazione” e i romanzi brevi “Musica”, “La voce delle onde”, “Sapore della gloria”, Dante Antonelli completerà il percorso creativo iniziato nel 2018. Dopo aver presentato un primo studio a Carrozzerie not nel novembre 2018, il giovane regista lavorerà in residenza ad Arsoli per arrivare a un lavoro compiuto, che includerà elementi sonori e coreografici, precedentemente sviluppati anche grazie alla collaborazione con Spellbound Company che ospiterà il gruppo di lavoro in un’altra residenza a fine marzo 2019. Dopo Arsoli la compagnia presenterà un’anteprima di Atto di Adorazione al Festival di Pergine, per poi debuttare in prima assoluta al Romaeuropa Festival nell’autunno 2019. Lo spettacolo porterà in scena quattro giovani ragazzi che, come i fiori della foresta immaginata da Mishima, sbocciano sul prato con tutte le loro contraddizioni manifeste. Parole, corpi, musica, danza, si intrecceranno arrivando a una composizione scenica che reinterpreta il pensiero e le opere di Mishima.
Selezionato in collaborazione con Romaeuropa Festival.


Residenza “L’uomo che ricordava troppo”  Jessica Leonello – 17 > 31 agosto 2019
claps quattro granelli di pepe 289121
La ricerca che caratterizza questo lavoro è quella di unire il linguaggio della danza contemporanea con quello del teatro di figura contemporaneo. Si prevede comunque l’utilizzo della parola e di una drammaturgia originale, cercando un modo per intersecare la parola negli spazi lasciati dalla figura e dalla danza, infatti si procede con un testo che è un canovaccio su cui si lavora in scrittura scenica. In questa parte della ricerca e della creazione, mi dedicherò alla scelta dell’estetica e alla costruzione del puppet per poi iniziare a studiarne la manipolazione e l’utilizzo. I puppets saranno costruiti artigianalmente e saranno puppet ibridi in gommapiuma, in cui il corpo dell’attore o manipolatore, compongono il corpo del puppet.


Residenza “All’ombra degli alberi”  Merli/Pachera – 8 > 17 ottobre – 11 > 15 novembre 2019
54acbcc1b0016ab78aeaf2d7ae6fccf3
I messaggi ambientalisti che ci martellano quotidianamente con statistiche e percentuali rovinose, sembrano sortire pochi effetti per fermare il disastro verso il quale la società contemporanea corre senza sosta. Quello che forse può aiutare le persone a ricominciare a riflettere sui propri gesti quotidiani e ad attivare poi delle scelte che portino a un miglioramento della qualità della vita di ognuno, non sono le percezioni ma le storie di chi ha subito direttamente o indirettamente, le conseguenze di questa reiterata sordità. Il cibo, con la sua qualità di oggi e di ieri, il suo uso, i suoi costi, la sua provenienza e la sua fine, può essere definito una delle questioni più importanti del nostro tempo. Il nostro lavoro nasce come un progetto teatralmente convenzionale: un monologo tratto da Se niente importa di J. S. Foer nel 2016. Nel corso di quasi due anni l’idea iniziale si è trasformata in un progetto in itineris, incentrato su un’indagine (supportata da un questionario creato ad hoc) sulle nostra attitudine verso il naturale, in cui il cibo diviene elemento fondamentale per la nostra civiltà, per la nostra storia e per la nostra intima coscienza. La prima fase comprenderà un lavoro di ricognizione dei luoghi, della loro storia, le interviste agli abitanti attraverso il nostro questionario e la costruzione di partitura scenica. La seconda fase di residenza servirà come verifica dei risultati raggiunti dopo un periodo di sedimentazione, anche attraverso la restituzione finale al pubblico.


Residenza “Corda sensibile”  Flavia Massimo – 30 novembre > 14 dicembre 2019
10 400x400
La ricerca avrà come scopo principale quello di esplorare le diverse voci del violoncello.
Comincerà spogliando lo strumento dalla sua veste tradizionale relegata al mondo classico e alla sua visione d’insieme in orchestra, partendo dalla ricerca di piccole cellule sonore ricavate su di esso con tecniche di esecuzione moderne, costruendo nuove tessiture orchestrali sovrapposte elaborate soltanto da un unico esecutore fino ad arrivare ad interagire con l’elettronica controllata da algoritmi che dialogano con campioni ripresi in tempo reale oppure con paesaggi sonori di ambienti naturali circostanti. La ricerca verrà sviluppata nella “casa” di massima espressività del violoncello nel periodo classico, il teatro, ma anche nei luoghi naturali, storici e artistici limitrofi svolgendo altresì, nei giorni di residenza, attività di fieldrecording campionando materiale sonoro che poi verrà utilizzato in un dialogo in musica che racconti anche del territorio in cui ci si trova.
 

Residenza “Adele” Compagnia Malombra – 13 > 19 agosto – 4 > 11 settembre 2018.
trivelle ok

Adele è uno studio sperimentale di teatro d’ombre a proiezione frontale su tre schermi che delimitano lo spazio scenico creando una scatola bianca e prevede la realizzazione di un’inedita macchina scenica totalmente manuale che, unita al movimento coreografico e a musiche originali , si trasforma in una serie di ambientazioni e paesaggi tridimensionali abitati da una performer.
La macchina scenica per la creazione delle ombre, costruita ad hoc dalla compagnia, e viene animata dal vivo, alle spalle del pubblico e a vista.
Nella fase di residenza al   Teatro di Arsoli gli artisti lavoreranno allo sviluppo della drammaturgia e alla creazione  e definizione di nuove immagini  in rapporto ad essa.

Residenza “La Classe” Compagnia CrAnPi – 1 > 15 ottobre 2018.
la classe

La Classe sottende alla creazione di uno spettacolo/rito collettivo in bilico tra La Classe morta  di Kantor (citata intenzionalmente nel titolo) e I cannibali  di Tabori in cui l’adulto rilegge i ricordi di un’infanzia vissuta nella paura. Gli  interpreti sono pupazzi in mano a un misterioso deus ex machina. Questi ricordi/pezzi di legno, bambini ridotti a marionette,     si muovono senza pathos su dei tavolacci che ricordano banchi di scuola. Intorno silenzio. Solo rumori di matite che scrivono e di gessi che si consumano scrivendo dettati alla lavagna. I genitori sono assenti. Non pervenuti.   Nel silenzio Suor Lidia, unica presenza in carne ed ossa, sfugge alla vista di pupazzi e pubblico. Eppure questa figura inquietante dispensatrice di paura, sa anche comprendere e  tracciare  la strada della protagonista verso un futuro creativo La classe voleva parlare di abusi di abusi di potere ma parla di vocazioni. Quella della suora, dispensatrice di punizioni e di destini  (come una divinità arcaica) e quella della donna/bambina che sa trasformare l’esperienza d’infanzia, altrimenti drammatica,  in un dono.

Lo studio arriva ad Arsoli nella sua fase finale che precede il debutto al Festival RomaEuropa nella sessione Anni Luce.  Durante il periodo di residenza gli artisti/manipolatori perfezioneranno la tecnica di animazione dei pupazzi  creati nel corso delle precedenti residenze (Elsinor e I.DRA) e la relazione con l’elemento scenico.

Residenza “Vincenzo”  Iagulli/Raimondi – 22 ottobre > 5 novembre 2018.
273 1513701445 2003
Si parla di bullismo che c’è sempre stato, anche se forse prima non gli si dava questo nome. Per parlare di questo, secondo una tradizione orale, radice del racconto epico, si racconta appunto una storia che prova a parlare a tutti, perché nasce da un’esperienza universale, il primo amore adolescenziale, ma che qui si coniuga in un’ambientazione molto specifica: la Pugllia. Terra fatta di voci urlate in un dialetto stretto, di corse e di giochi in mezzo alla strada, dove anche si regolavano i conti tra ragazzi, di feste popolari e, immancabilmente, di mare. La forma è quella di un monologo: il racconto di una giornata speciale nella vita di un ragazzino, un giorno di festa che si trasforma in una tragedia con una facilità che lascia sbigottiti. Il ritmo è disteso come una calda domenica pugliese e improvvisamente frenetico come è il cuore di un tredicenne davanti alla sua prima dichiarazione d’amore. Proprio come il gioavane protagonista del film di Wes Anderson, “Moonrise Kingdom”, la fuga sembra essere l’unica possibilità di salvezza. Se nel film di Anderson però la realtà da cui si fugge ha le tinte pastello di un mondo che vorrebbe vendersi come idilliaco, nal caso di Vincenzo i colori da cui fuggire sono il rosso del suo sangue, buttato sul grigio dell’asfalto durante i continui atti di bullismo subiti.

Residenza “No Man’s Land” Tiziano Teodori – 13 > 23 e 27 > 30 dicembre 2018.

cauduro teodori

E’ lo studio per una istallazione multimediale in grado di sommare linguaggi diversi restituendoli  in un’azione performativa simultanea che   sperimenta le diverse dimensioni dell’ascolto alternando paesaggi concreti e gesti sonori irreali.  La scatola è  infatti l’evoluzione 2.0 del concetto di oggetto di riproduzione sonora popolare,  come poteva esserlo la pianola meccanica o il Juke –box. Ma la scatola è in realtà uno strumento molto sofisticato in grado di interagire con lo spazio e di mutare visualmente e sonoramente davanti allo spettatore  portandolo a immaginare infiniti  spazi  oltre a quello reale circostante. Costituita da diffusori e led luminosi, sincronizza materiali audio e video  inducendo il pubblico, immerso in una  dimensione potenziata, a percepire   sia disegni sonori che pattern luminosi legati visceralmente l’uno all’altro.

Residenza “Il Teatro Comico” Compagnia I Nuovi Scalzi – 25 settembre > 14 ottobre 2017.
spettacolo scalzi17

Lo scopo di questa ricerca è di arrivare alla creazione di uno spettacolo che possa adattare il genere del comico e la commedia dell’arte ad un linguaggio scenico contemporaneo. E’ stato preso come riferimento il testo meta teatrale di Goldoni “Il teatro Comico”, stravolgendolo. La prima fase di ricerca ha portato alla stesura di un primo canovaccio: una compagnia teatrale dei giorni nostri decide di mettere in scena l’Amleto. L’urgenza che spinge gli attori è dettata dalla “fame”, intesa sia come la fame di lavorare, che come fame artistica: i protagonisti infatti si scontrano su visioni dierenti del teatro e della messa in scena. L’intenzione è di mostrare allo
spettatore le dicoltà artistiche, economiche e umane che regolano gli equilibri di una compagnia. Non viene però messa da parte la riscrittura e la messa in scena dell’opera Shakespeariana. Infatti è anche sulla scena che si confronteranno dierenti visioni e codici del teatro. Le ragioni che spingono le scelte de I Nuovi Scalzi, e
quelle che spingono le scelte della Compagnia e, inne, dei personaggi dell’opera, si legano, si confrontano e si alimentano reciprocamente e sempre più indissolubilmente. Si aprono una serie di domande fra cui: come poter rappresentare un’opera così complessa con soli due attori? Come poter riadattare l’Amleto? Quali sono i linguaggi che meglio si addicono ad un’opera tragica? In altre parole: essere o non essere? Domande che si pongono sia gli “attori – personaggi” che gli “attori – reali” in un continuo parallelo fra nzione e verità, fra rappresentazione e realtà in un affascinante e divertente gioco di rimandi.
La residenza si conclude con la presentazione in prima nazionale di Shake ‘n’ Spear – Amleto 2.0

Residenza “PostProduzione/Duo” Associazione Morse – aprile/settembre 2017.
IMG 3099
Il duo di donne che viene proposto nasce all’interno del progetto PostProduzione – rielaborazione collettiva di memorie individuali di Andrea Gallo Rosso. L’intero progetto è stato accolto in residenza presso il Centro Regionale della Danza piemontese Lavanderia a Vapore di Collegno e la creazione è stata supportata grazie il DM 45 in materia di residenze artistiche per l’annualità 2015. Ad oggi la durata dello studio è di mezz’ora e con il partenariato Residenza Settimo Cielo/Teatro di Arsoli e CLAPS – Circuito Lombardia Arti Pluridisciplinari Spettacolo Dal Vivo si vuole arrivare ad una conclusione. L’intero progetto è stato accolto in residenza presso il Centro Regionale della Danza piemontese Lavanderia a Vapore di Collegno e la creazione è stata supportata grazie il DM 45 in materia di residenze artistiche per l’annualità 2015.

Il termine PostProduzione si riferisce ad un’attuale tendenza dell’arte contemporanea che crea dei nuovi significati partendo da elementi pre-esistenti. Il termine viene preso a prestito dal testo omonimo del critico d’arte contemporaneo Nicolas Bouriaud “Postproduction, come l’arte riprogramma il mondo”. La postproduzione è vista come la condizione dell’arte che sente di aver già fatto ed espresso tutto e per questo rielabora il pre-esistente in un mix di nuove storie e lingue.

Direzione artistica Andrea Gallo Rosso Con Ramona Di Serafino e Anais Van Eycken

Residenza “Albert” Teatro dei Gordi – giugno 2017.
Albert gordi
ALBERT si muove tra due orizzonti. Da una parte un lavoro drammaturgico di ricerca sulla vita del genio – che attraversa almeno due continenti e la storia contemporanea dagli ultimi decenni dell’800 a metà degli anni ’50 – con particolare attenzione alla creazione di episodi e situazioni che intercettino il carattere umano di questa figura (soprattutto prima di essere trasformato, suo malgrado, in immagine iconica). Dall’altra una ricerca percettiva del ruolo e della funzione del Mito nella nostra contemporaneità, dove troppo spesso la conoscenza e il progresso scientifico sono percepiti come prerogative di ambiti ristretti, misteriosi arcani proibiti all’uomo qualunque. Abbiamo allora immaginato una Statua di Albert. Una statua che ha perso quella vitale e cinetica capacità di immaginare, di viaggiare nel tempo e nello spazio alla ricerca di nuovi mondi, nuovi finali alle storie, soluzioni diverse per i soliti problemi. Una statua umana con l’occhio perennemente fisso su un solo punto. Abbiamo poi immaginato un luogo, la sala di un museo, dove questa statua trascorre la sua eternità in attesa di… di cosa? Abbiamo infine immaginato un altro personaggio: Otto, stagista del museo, a prima vista una sorta di anonima nemesi di Albert. ALBERT non vuole essere una biografia scenica della vita di Albert Einstein e non vuol essere una lezione sulle sue teorie. Ci poniamo l’obiettivo di creare uno spettacolo con un’alta dose di poesia in cui raccontare la storia dell’essere umano Albert e del suo rapporto con la realtà e gli esseri umani, in special modo la storia dell’amicizia con un ragazzo dei nostri giorni (Otto) con cui condividere l’avversione alla violenza in ogni sua forma, l’insofferenza al protocollo e alle regole coercitive dei gruppi umani. Tramite gli attraversamenti proposti dal bando CURA#residenzeinterregionali, ci poniamo l’obiettivo di mettere in azione l’ultima fase di ALBERT: terminare la scrittura scenica e ultimare il suo allestimento in vista del suo debutto nazionale e della sua successiva circuitazione. Per fare questo abbiamo suddiviso il lavoro in due fasi. Nel primo attraversamento ad ARSOLI I due attori avranno carta bianca per esplorarsi e trovare la propria organicità all’interno del materiale drammaturgico e registico, potendoselo ricucire addosso come un abito su misura. Lavoreranno in autonomia con tutto ciò che hanno potuto assorbire fino a questo punto, portando la loro personalissima umanità – la parola più importante di tutto il progetto – dentro al materiale. Ciò consentirà cercare nuove strade con cui perseguire una forte volontà dell’associazione: non essere mai meri esecutori ma co-autori lucidi e presenti alla creazione.

In questo attraversamento, che ci permette di andare oltre alla frettolosa ‘presentazione di uno studio’ e di essere inseriti in un programma che vede l’apporto fondamentale di un gruppo di spettatori attivi e creativi alle prove, la parola diventerà materia. Il confronto con gli spettatori in questa fase affidata ai soli attori avrà la valenza di una guida registica e servirà
da orientamento al lavoro degli interpreti.

Residenza “Il libro della Tempesta” Compagnia Stultifera Navis – settembre 2017.
imgres

Scrivendo La Tempesta Shakespeare riassume e sublima in un ultimo capolavoro il proprio cammino teatrale e ci lascia il suo testamento artistico. Tutta l’opera si svolge su un’isola selvaggia, abitata da spiriti dell’aria e della terra, del fuoco e dell’acqua, un’isola/metafora pregna di poesia e musica, un’isola rifugio e prigione in cui Shakespeare disegna le sue ultime creature favolose offrendoci il suo ultimo ritratto dell’animo umano. Alle rive di quest’isola approda tutto il suo teatro. Le lotte violente e i conflitti per il potere, l’arroganza e la stupidità umana, la vendetta e la saggezza, la bellezza dell’amore e la follia del tradimento, la sottomissione e la ribellione, il meraviglioso e il mostruoso, la conoscenza profonda delle leggi del mondo e l’impotenza di fronte all’impermanenza della vita, i dubbi sul senso stesso dell’esistenza. Ne La Tempesta le frontiere teatrali tra ciò che è reale e ciò che è illusione sono portate fino ai loro limiti estremi: l’opera è la sola in cui Shakespeare utilizza con estrema precisione l’unità di tempo e luogo, come a sottolineare definitivamente, a dispetto della grande libertà di convenzioni teatrali possibili all’epoca, che il teatro e il mondo coincidono in un’unica dimensione in cui le certezze umane (e i ruoli) sono continuamente soverchiate. Prospero è duca, mago, padre, ma anche artista e drammaturgo, poiché la sua azione coincide con una vera e propria regia di uno spettacolo teatrale. Se la figura di Prospero può essere avvicinata a quella di un regista-drammaturgo, la figura di Ariel può essere confrontata all’immagine di un marionettista. L’isola di Prospero, è anche una scena di teatro. Un teatro che contempla sé stesso e che mette in scena i propri meccanismi, svelandoli. Questa prospettiva di teatro nel teatro trova corrispondenza nelle modalità drammaturgiche intrinseche al funzionamento del teatro contemporaneo delle forme animate.

Il libro della Tempesta è una libera interpretazione de La Tempesta di Shakespeare, uno spettacolo assolo in cui convergono più linguaggi: teatro di carta, pop-up, teatro d’ombre, cinema di animazione, musica live. L’universo poetico e magico de La Tempesta si svela agli occhi del pubblico attraverso un libro-teatro dove, tra ombre e luci, appaiono pagina dopo pagina personaggi in una scenografia multimediale, al confine tra il teatro di carta e il cinema di animazione.  Gli artifici sono creati e contemporaneamente svelati dalla performer marionettista in scena, che, seguendo una minuziosa partizione di movimenti prossima alla danza, dà vita ad ogni personaggio. La carta, resa interattiva attraverso particolari sensori, è anche il supporto grazie al quale, per contatto e manipolazione, vengono creati in scena suoni e musiche propri dell’isola magica e sul quale vengono proiettate immagini video secondo una mappatura che riproduce i vari luoghi dell’isola. Il progetto è attualmente nella sua fase di ricerca, entrerà nel vivo della produzione nel 2017 e la prima rappresentazione è ipotizzata per dicembre 2017 o per il primo trimestre 2018. Lo spettacolo può essere rappresentato in italiano, così come qualunque attività laboratoriale ad esso collegato.

Ad Arsoli la Compagnia lavorerà alla delicata interattività tra manipolazione e video, al coordinamento delle immagini con il suono e al perfezionamento delle componenti elettroniche, in una combinazione tra tecnologia ed elemento umano che non mancherà di affascinare il pubblico.

StultiferaNavis è stata ospite della Residenza La Terra Galleggiante (Piemonte). A titolo informativo, sarà ospite tra febbraio e aprile della Residenza Maison Folie/Lille e Residence Jardin Parallèle /Reims.
L’iterazione con il territorio è facilitata dalla lunga permanenza della Compagnia in un luogo confinante (L’Aquila) di cui la Compagnia conosce perfettamente la cultura e le abitudini e dove ha conservato molte amicizie e relazioni. Sono previsti inoltre incontri con spettATTori (4 ore), con i bambini delle scuole (3 ore) e un laboratorio/spettacolo con gli utenti del Centro ANFFAS di Subiaco dedicata alle tecniche del Teatro di Carta. Per ogni residenza è prevista l’organizzazione di un “aperitivo etnico” modalità di incontro tra le comunità migranti, gli artisti, il loro lavoro. (2 ore ciascun incontro)  

Residenza “Tropicana” Compagnia Frigo Produzioni – luglio/ottobre 2016.
Tropicana è un brano del Gruppo Italiano. Su un calypso orecchiabile e ritmato si innesta un testo di tutt’altra natura: la canzone descrive infatti un’apocalisse, alla quale i presenti assistono senza quasi rendersene conto, perché si sentono “come dentro un film” e in televisione sta passando la pubblicità di una bibita: la Tropicana, appunto.

La dimensione ossimorica del brano, basata sul contrasto tra musica e testo, rispecchia la fortuna del brano stesso: dopo aver dominato le classifiche dell’estate 1983, anno di uscita, è diventato un brano simbolo dell’estate tout-court, passando alla storia come inno alla leggerezza estiva, ballo di gruppo per eccellenza e immancabile colonna sonora di ogni villaggio turistico. Mentre l’angosciante tematica del testo è passata completamente in secondo piano. Tutti l’hanno ballata, nessuno l’ha mai veramente ascoltata. In questo fallimento comunicativo consiste la magia di quest’opera.

Il concetto di un’angoscia, di un problema, di cui si percepisce la presenza, ma che non si riesce a identificare con chiarezza, tocca un nervo scoperto, si lega a un immaginario distorto sia sul piano pubblico (gli anni ottanta, la decadenza dei costumi, la nascita della televisione berlusconiana, l’inizio dell’ascesa del PSI craxiano, che lentamente porterà alla disfatta della Prima Repubblica, la paura dell’atomica) che su quello privato (la spensieratezza disimpegnata, il divertimento a ogni costo, la festa obbligatoria)  Tropicana è prima di tutto uno studio su delle persone che fanno una ricerca, cercano un senso che sfugge: il significato del proprio agire. E lo fanno indagando l’essenza di una canzone apparentemente leggera e disimpegnata. Con affanno cercano uno svelamento.

Di che parla davvero questa canzone? Perché nessuno ci ha mai fatto caso? Perché in così pochi ascoltano? E a che serve indagare questo brano? In quest’era utilitaristica se qualcosa non serve a niente è inutile, dunque non ha senso. Che senso ha dunque il nostro lavoro di ricerca, il nostro lavoro teatrale e culturale? Tropicana è un’immersione negli abissi, nel nero nascosto di una canzone. E la ricerca di un punto di contatto tra quel nero e questo attuale che ci sommerge.

https://www.youtube.com/watch?v=g534HNGMFog&t=106s

https://www.youtube.com/watch?v=bpJIJ1ofAiw&t=4s

Residenza “Trittico sugli stati del corpo” di Amalia Franco – settembre/ottobre 2016.
IMG 2385

E’ una composizione in tre quadri sugli stati del corpo, ovvero della materia: *A flower not a flower, ovvero del corpo solido*, *Gli Innamorati, ovvero del corpo liquido* e *Sullo spirito, ovvero del corpo aeriforme*.

I tre quadri si sviluppano come pièces autonome pensate per una possibile visione in pillole, non di meno ogni stato del corpo e ogni sua utopia è letta in rapporto alle altre. L’utopia del corpo è il raggiungimento e mantenimento di una forma stabile, la sua forma perfetta. Ogni stato della materia risulta fragile e precario nella misura in cui è consunstanziale ad ogni corpo la sua costante e inevitabile possibilità di trasformazione. Gli stati di transizione e trasformazione dei corpi si determinano nell’incontro, o spesso anche solo nel desiderio, di altri corpi, e corrispondono allo ‘stato amoroso’ del corpo.

Il Trittico risulta una trattazione in pillole del discorso amoroso attraverso i passaggi di stato della materia-corpo, i passaggi di stato dei corpi che entrano in relazione, a volte anche solo con se stessi, con i propri desideri, i propri incubi, fantasie, proiezioni… SULL’UTILIZZO DEI CODICI ESPRESSIVI: “Boucherie” per corpi inanimati e corpi danzanti. La contaminazione tra corpo animato e inanimato segna il mio atto poetico. Indagare questa terra di confine mi consente pluralità, simultaneità, l’esplorazione pratica di ciò che nascondiamo agli altri e a noi stessi. Si crea in questo sistema duale, tra corpo dell’attrice e corpo del fantoccio, una tensione tra le molteplici sfaccettature del cuore, che costringe ad ammettere la nostra frammentarietà e a ripetere continuamente l’esperienza della mancanza, della perdita, della dipendenza, della nostra infinitezza, ovvero non-finiti,incompleti.

La confusione del corpo (corpo del fantoccio, corpo del manipolatore, corpo d’attore) è frutto di un’intrinseca pluralità indivisibile. Testimonio l’impossibilità di un soggetto unitario. La pelle si crepa e i confini tra il mio corpo e questi oggetti, miei partner di scena, si fanno fluidi. Un nuovo corpo si crea nella relazione: un corpo in continuo spostamento. Cerco con brama un collegamento tra la realtà materiale del corpo e la sua realtà fantastica. In tal senso indago la relazione e commistione tra il teatro di figura e il corpo danzante. Concedo il mio corpo a queste creature che di volta in volta me lo restituiscono intriso di nuova anima, deformato, allungato…”

https://www.youtube.com/watch?v=bWZsNghAEzA

https://www.youtube.com/watch?v=a3-MHy8-IWQ

Residenza “Tracce, impronte sonore vocali originarie” di Gianluca Secco – novembre 2016.
Lo scorso 13 febbraio Flavia Siolette di KeepOn racconta “Sul palco apre le danze Gianluca Secco, voce da rocker talentuoso, movenze inquietanti da guitto. Si segnalano in particolar modo le sovrapposizioni tra voce live e voce registrata nel brano finale, smorfie ed espressioni di altri personaggi, per un effetto straniante, in cui la voce sembrava diventare davvero una maschera per confondere l’orecchio. “Partendo dal presupposto antropologico che la Voce è lo strumento umano originale e originario per eccellenza, il lavoro di Gianluca Secco ricerca le potenzialità della Voce (in tutte le sue possibilità timbriche, espressive e strumentali) veicolandola a testi di natura poetica con cui racconta stati emotivi della vita, della storia e della realtà quotidiana.

Tracce, Impronte Sonore Vocali è lo studio per una performance/concerto che mescola elementi di canzone, teatro e poesia. L’essenza e l’unicità dello spettacolo arriva dalla voce e dai suoi impasti, dai cori, dalla spasmodica ricerca sul versante timbrico, strumentale ed espressivo. Con il solo supporto della loop station, senza altri strumenti, Gianluca Secco compone una sinfonia musicale in cui arriva a utilizzare più di ventuno tracce, costruendo la sua partitura in tempo reale.  La condizione umana attuale, in un clima dove le urgenze sociali si tramutano in visionarietà straniata, tra giochi di parole ed assonanze, rimane il tema centrale del racconto che intreccia i linguaggi senza confonderne mai i contorni. Dalla ricerca Gianluca trarrà materiale per un nuovo disco, un videoclip e lo spettacolo/concerto che darà vita a un nuovo tour.

Gianluca Secco inizia ad Arsoli un percorso in residenza che proseguirà nel 2017 alla residenza ILINXARIUM (Lombardia). Ad Arsoli getterà quindi le basi di un lavoro che, come da progetto, porterà a un disco (il suo secondo, che sarà edito da MarteLabel), un video-clip e al concerto che accompagnerà l’uscita della nuova incisione.

https://www.youtube.com/watch?v=Hr0x87s4O3c

Residenza “Cut up” Compagnia Turco Liveri/Condro’ – novembre/dicembre 2016.
Cut-up si occupa di fanatismo, di ostinazione cieca verso la ricerca vana o vanagloriosa della vita eterna. Ci si interroga sull’ossessione di preservare il corpo fino al punto di “svuotarlo” per san(t)ificarlo. Un corpo sempre nuovo, sempre sano, rigenerato e lontano dalle malattie. Un corpo/involucro così forte da annientare ogni male. Questo il punto di partenza della ricerca, che ci ha portato ad analizzare in un primo momento due icone come Angelina Jolie e Sant’Agata, legate dal filo rosso della mutilazione sacrificale, due emblemi femminili al limite dello stereotipo, tali da permetterci di accostare la santità ecclesiastica con quella mediatica, tra tradizione e contemporaneità. Un primo studio scenico sui personaggi si è servito di materiale testuale (letterario,medico-scientifico, filosofico e teologico).

Questa seconda fase d’indagine invece, tutto viene trasportato su un piano antropologico e popolare: vorremmo portare le due figure fuori dal teatro e dalla convenzione scenica, tentando un’interazione con la collettività. Lara Croft di Tomb Rider intervisterà le donne nei centri estetici, dal parrucchiere; Sant’Agata si aggirerà per il supermercato, in banca, alla posta. Raccoglieremo materiale video e audio da rielaborare in sala, filmando le reazioni e le riposte degli intervistati per allargare il progetto ad una forma di ricerca “site specific”.

Le interviste riguarderanno il tema del taglio (Cut) inteso come esigenza di rinnovamento e come necessità di giovamento, come mutilazione, come nascita, come fonte di guarigione. Il nostro approccio alla creazione ha da sempre un forte carattere multidisciplinare che mira alla contaminazione dei linguaggi su più fronti. In scena interagiscono un’attrice e una performer, le immagini video, e l’audio delle interviste con le voci della popolazione. Il corpus delle interviste fornirà il materiale di lavoro per le due attrici/performer   tessendo così la trama drammaturgica dello spettacolo, in modo da generare un dispositivo scenico vivo in grado di modificarsi a seconda del territorio in cui approda. La sperimentazione di CUT UP sarà quindi fortemente influenzata da ciò che il territorio esprimerà e della lettura che ne faranno le artiste. Questo bagaglio entrerà permanentemente nella struttura dello spettacolo.

CUT UP ha compiuto un percorso analogo a San Sepolcro, Toscana (Residenza Laboratori Permanenti) e a Inzago, Lombardia (ILLINX) e che verrà proposto a Polistena, Calabria (Residenza Dracma) nel 2017, realizzando una raccolta di testimonianze che riguarda tutta la Penisola, da nord a sud e restituisce una fotografia dell’Italia di cui ciascuna Residenza è espressione.

https://www.youtube.com/watch?v=EmScvuB_7sg&t=222s


Residenza “Luci dalle ombre, colori dal buio” di Silvio Gioia – novembre/dicembre 2015.

IMG 1711

Si intende sviluppare un percorso utilizzando un linguaggio teatrale idoneo al fine di eseguire sperimentazioni nel settore teatro d’ombre finalizzate alla creazione di una performance originale che esuli dal concetto generalmente associato al teatro d’ombre come intrattenimento per l’infanzia.

Tale percorso consiste nel far interagire diverse fonti luminose con diversi materiali trasparenti o semi-trasparenti di riciclo (quali plastica, vetri, stoffe, contenitori di liquidi, ecc) per scoprire nuove tecniche e potenzialità nella realizzazione di scene e lancio di suggestioni. Il filo narrativo nasce dal segno contrapposto di ombra e luce, buio e colore come riflesso di un mondo diviso tra bene e male, virtù e peccato, rovesciandone il senso.

Per la particolare natura del Teatro d’ombre, inclusivo, magico e spettacolare al tempo stesso, veicolo di riflessioni sulla scoperta di sé e dell’altro, delle proprie parti del corpo, utile allo sviluppo della fantasia ma anche al coordinamento motorio, Silvio Gioia si avvarrà per la sua ricerca di incontri con i  diversamente abili dell’Associazione ANFFAS di Subiaco e  uno con i bambini delle scuole della prima infanzia. Negli ultimi due giorni il teatro sarà aperto  a persone esterne invitate ad interagire nell’ombra e ad improvvisare scene e personaggi collegandoli alla narrazione.A conclusione del percorso, Silvio Gioia presenterà una performance riguardante le scoperte effettuate. Tale performance rappresenta la tappa di work in progress che porterà a uno spettacolo compiuto, oltre che alla realizzazione di nuovi orizzonti acquisiti per il teatro d’ombre.


Residenza “ESPO – singolare plurale” di Giovanna Rovedo e Michela Silvestrin – 1  > 15 febbraio 2016.

Rovedo

Attraverso il periodo di studio Giovanna Rovedo opererà su due direttrici, una è definita dalla coreografa stessa “linea umana” e l’altra “linea fisica”.Le parole chiave della Linea Umana sono: esposizione, generalità e post-industrialità. Perché non provare, nella sacralità di una scena ad esporre i corpi di due danzatrici? Che sapore ha la vicinanza con il pubblico, l’energia, la rottura della celeberrima quarta parete. Qual è il confine vero che si può sentire tra un pubblico e un danzatore? Come si può chiamare l’incontro tra due e molteplici paia di occhi? L’interesse è nel ricercare delle immagini visive e uditive che siano comprensibili a chiunque. Ecco il perché del titolo “singolare/plurale”. Qualcosa di quello viene donato è raccoglibile? Ci sono degli appigli vicini a ogni persona? Postindustrialità va invece inteso come richiamo a un’atmosfera: un sentire che nasce da visite ad innumerevoli siti italiani soprattutto a paesi che hanno sofferto e soffrono dello spopolamento e del pendolarismo conseguente, appunto, alla postindustrializzazione e sostiene molto bene il sentimento dell’abbandono, del lasciato al suo tempo, del decadimento.Le parole chiave della linea fisica (cioè la linea tecnica di sostegno al progetto) sono impulso, esposizione e ripetizione. Quanto un danzatore, con un corpo attivo e volenteroso è capace di attendere un impulso per muoversi? Quanto si è capaci di ascoltare le esigenze reali del corpo senza far affiorare pensieri inevitabilmente vincolanti per il corpo, richiamando strutture reimpostate dalla tecnica e dell’abitudine all’esposizione? È possibile ripetere il movimento generato dall’impulso e codificarlo?

I danzatori condurranno un lavoro con il centro anziani di Arsoli, propedeutico alla loro ricerca,  basato sulla  riscoperta di parti del corpo, dei gesti antichi legati all’uso degli oggetti contadini,  sulla reiterazione dei gesti quotidiani. Sono previsti anche incontri con le comunità straniere dei residenti alle quali verrà proposto un lavoro analogo che poggia sui diversi significati del gesto in relazione alle influenze culturali.


Residenza “Il teatro comico” della  Compagnia Nuovi Scalzi -15 > 31 marzo  2016.

12032871 10153552864541399 4722033011098435969 o

La ricerca dei Nuovi Scalzi esplora l’arte del comico e del burlesco come un linguaggio di completa libertà scenica e creativa. Da Chaplin a Keaton, dai Marx a Totó, ai Monty Python… il comico è stato sempre fonte di fascino, di risa, di poesia e di ricerca sul ridere. Verrà esplorato questo genere e le sue forti radici nella tradizione del gesto e del movimento, studiato il suo linguaggio scenico, i suoi codici, le sue origini e la sua evoluzione fino ai nostri giorni, rispettando la tradizione come una forza creativa importante. Lo scopo di questa ricerca è di arrivare alla creazione di uno spettacolo che possa adattare il genere del comico e il codice della commedia dell’arte e le sue “regole di gioco” ad un linguaggio scenico contemporaneo.

Olga

Il pretesto: adattare un’opera già esistente, vecchia nella forma, e deformarla completamente mantenendo solo il contenuto come pretesto per una nuova scrittura. Il testo di partenza è “Il teatro comico” di Goldoni, una commedia metateatrale, che mette in scena l’allestimento di uno spettacolo. Per provare un terzo atto di commedia non ci è bisogno di alzar la tenda. Ecco dunque il tema, il pretesto: la vita di una compagnia del 2015 che si trova alle prese con l’allestimento di uno spettacolo, con tutte le difficoltà che comporta e avendo un testo appartenente alla tradizione del 1700. Quindi ci provano e hanno visioni contrastanti: una  estremamente tradizionale e un’altra che a tutti i costi vuol essere innovativa. Ecco dunque il contrasto fra l’assoluto e il relativo delle due visioni, fra la libertà dell’arte e la necessità del lavoro, fra la finzione e il vero. Fra le righe si parla anche del passaggio dal poeta al drammaturgo, quindi dalla commedia dell’arte allo psicodramma borghese che ha caratterizzato parte del teatro moderno e dunque contemporaneo. Una riflessione condotta attraverso passaggi di conoscenza che tuttavia non vira il progetto verso toni  didascalici ma  attinge dalle esperienze delle avanguardie storiche, soprattutto dalla ricerca di Leo De Berardinis.

La maschera è elemento comune a tutte le culture con radici profonde nella tradizione popolare, per questo motivo gli attori attiveranno un percorso di ricerca sulla maschera comica e le manifestazioni ad esse collegate (feste, danze, carnevali, esorcismi, riti magici) al quale saranno interessate le comunità straniere residenti nella Valle dell’Aniene. Questo focus si intreccia con gli incontri con i giovani delle scuole per dare vita a una esperienza inclusiva ricca di risvolti socio-culturali e utile alla ricerca della compagnia.

Le azioni di tutoraggio per le tre residenze  sono a cura di Graziano Graziani, Debora Pietrobono, Gloria Sapio

Azioni di sviluppo del pubblico

SpettATTori

Gli SpettaTTori, sono figure a metà, ma per niente indefinite, sono semmai simili a certe creature mitologiche, come i centauri, le sirene o, per restare in ambito teatrale, a dei fauni dionisiaci. Sono spettatori attivi ma si possono trasformare in attori, perché conducono indagini sull’arte teatrale, la spiano, ne introiettano le forme e i linguaggi, ma anche perché potrebbe capitare che i ruoli si invertano e gli  SpettaTTori si mettano a recitare. Gli SpettaTTori sono a volte (non sempre) divisi in gruppi organici che,  pur tendendo come fine ultimo all’esperienza integrata e inclusiva. seguono programmi specifici (laboratori e incontri a tema ) il cui target è l’insieme della comunità: bambini, ragazzi, adulti, anziani,  comunità straniere  e persone diversamente abili. Tutti seguono il lavoro degli artisti in residenza e interagiscono con loro. Gli SpettaTTori, come in ogni rituale di conoscenza, portano un dono: una microstoria nata dal loro territorio  che è ricco di storie. Gli ospiti, a loro volta, risponderanno regalando una visione di come questa storia potrebbe essere drammatizzata attraverso il filtro della loro sensibilità e del linguaggio artistico con cui si esprimono. Gli  SpettaTTori, con l’aiuto dei componenti di Settimo Cielo, sceglieranno, nelle sessioni di un laboratorio parallelo, se provare a farsi veramente attori oppure raccogliere il sapere  acquisito in un diario. Questa “didattica” nasce dall’osservazione di processi che si sono verificati nell’arco di precedenti ospitalità a formazioni ed artisti. Dagli incontri con il pubblico, si è manifestata l’esigenza della collettività di portare esperienze territoriali nel dialogo. Questa pratica ha agevolato lo scambio e costituito un valore aggiuntivo al progetto.

residenzeartistiche Giorgio Testa Gloria Sapio Maurizio Repetto Arsoli teatropop teatro

Il percorso di audience development si avvale anche di incontri formativi sul tema della visione a cura di Giorgio Testa e della Casa dello Spettatore che si svolgeranno, come la maggior parte delle attività, presso il Teatro Comunale di Arsoli.

Focus sulle Residenze

Teatro di Arsoli 1Le Residenze del Lazio prevedono di creare focus sulle pratiche in atto. Settimo Cielo contribuisce con un Focus dal titolo Guardiamoci in faccia a cura di Simone Pacini, in collaborazione con Fattiditratro, Senzacravatta.it e Urban Experience. Una tavola rotonda  per gettare le basi della creazione di una piattaforma online dove aggregare e condividere le esperienze di residenze italiane. Un’agorà virtuale per scambiarsi informazioni tecniche e suggestioni artistiche. Per migliorare e contaminarsi. Per far conoscere realtà simili in territori diversi. Per far emergere le differenti pratiche di valorizzazione del territorio, di audience development, di active spectatorship presenti lungo la Penisola (date in via di definizione)

RESIDENZE REALIZZATE FUORI DAL PROGETTO MINISTERIALE ART. 43 (EX ART.45)

“Don Caciotte della Murgia” Savarese/Paciello – marzo 2018.
doncaciotte

Il tema del viaggio come simbolo della voglia di cambiamento e rivoluzione dell’essere umano. Ispirato, liberamente tratto, e volutamente atto a stravolgere il “Don Chisciotte De la Mancha” di Miguel de Cervantes, l’idea dello spettacolo, dal titolo “Don Caciotte della Murgia”, nasce come l’esigenza di affrontare questa tematica. L’Antieroe Don Chisciotte e il suo fedele scudiero Sancho Panza, sono stati di forte ispirazione per la creazione di qeusto progetto dai caratteri Tragi-comici.Il viaggio dei due personaggi descritto da Miguel de Cervantes, contrappone due uomini che affrontano il mondo e le problematiche secondo due punti di vista differenti: l’idealismo e il razionalismo. Lo schema del viaggio della coppia, formata da un’idealista e un uomo pratico, riprende due archetipi storici della Commedia dell’Arte: il dualismo servo-padrone, Pulcinella e Capitano. Il “viaggio” assume così un ruolo centrale e metaforico: i due personaggi sono sempre nello stesso posto, e sono convinti di viaggiare, di spostarsi, ma riamgono sempre ancorati alle loro visioni senza mai riuscire a cambiare quello che non gli piace, fino ad afforntare il vero viaggio: quello interiore, che li metterà di fronte alla cruda e spietata realtà. Il “folle” Capitano mostra il problema di fondo dell’esistenza: la delusione che l’uomo subisce difronte alla realtà, la quale annulla l’immaginazione, la fantasia e le proprie aspettative. La pazzia resta quindi l ‘unico modo di vedere il mondo con occhi diversi, non offuscati dalle idee e dai comportamenti sociali. I due personaggi sono in realtà due giovani attori del sud Italia, uuno Partenopeo e l’altro Pugliese, della Murgia. Le loro delusioni, aspirazioni, difficoltà nel vedere semrpe più lontana un’affermazione in campo lavorativo e umano, come adulti, li metteranno a confronto in riflessioni su argomenti e problematiche moderne, come quelle legate al territorio e al rapporto dell’uomo con esso. Il cibo, la politica, l’apatia, la paura dell’uomo e il suo rapporto con la società.

“Ciociariade” Compagnia Habitas – marzo > aprile 2016.
nicco foto

Il titolo si ispira alle grandi saghe della tragedia greca, in primis “L’Orestiade” ed intende mantenerne la struttura epica e i temi cardine, rintracciando però i protagonisti non nella mitologia classica o nella letteratura, bensì nei piccoli paesi di provincia, lontani dalle grandi metropoli e ricchissimi di storie, intrecci e tradizioni troppo spesso accantonati, dimenticati o rinchiusi dentro quattro mura domestiche. Per questo Le Ciociariade è un nome provvisorio, perché il progetto è nato per essere sviluppato in un piccolo paesino ciociaro, ma in realtà verrà sviluppato ad  Arsoli, attraverso un lavoro diretto con il territorio, che possa prevedere un rapporto con gli abitanti luogo, così da costruire uno spettacolo che a questo punto potrebbe prendere il nome di Arsoliade…

La Compagnia Habitas nasce nel 2015 ed è formata da Nicolò Matcovich, autore e regista, e Lidia Antonelli, attrice.

“E’ Qui Italia?” Trio Disage – maggio 2015.
16700336007 ff343ef3fd

E’ qui Italia? racconta la vita di due sorelle che dopo la morte della nonna, unico loro punto di riferimento, si imbattono con la reale vita quotidiana: la ricerca di un lavoro, il pagamento delle tasse, il sostentamento personale. I tre personaggi attraverso un linguaggio clownesco affrontano il tema del lavoro, la ricerca spasmodica di denaro per sopravvivere che le porterà ad avere una grande fama internazionale…ma a che prezzo?. E’ qui Italia? non vuole dare soluzioni ma porre attenzione su come la società odierna proponga un modello di vita basato sui soldi e il potere favorendo l’avanzamento economico individualista di pochi a discapito del benessere collettivo.

“Follow the Sun” Compagnia LED – maggio > giugno 2015.
Follow the sun

 

Mr. Kappa è un uomo in fuga dal circo, e la sua storia ingarbugliata si incontra con quella di una donna sospesa nel tempo. Una vicenda romantica tra danza ed equilibrismo. Colonna sonora: le musiche dei Beatles. Spettacolo finalista del Bando Under 35 2015 di Officina E.S.T. 2.0.

“A food experience” Karakorum Teatro – aprile > maggio 2015.
DSC 0066

Davanti al cibo la nostra umanità si rivela nella sua tragicomica verità, nei suoi impulsi incontrollabili, nei suoi sentimenti di odio e amore per la vita. Grazie alla potenza delle maschere, lo spettacolo accompagna in un viaggio senza parole alla ricerca di quello che siamo dietro alle nostre abitudini, ai nostri mestieri, ai nostri ruoli sociali.

Karakorum Teatro nasce nel 2013 da un’idea di Stefano Beghi, Vittorio Fulgoni, Diego Maffezzoni, Viola Marietti, Matteo Sanna: è un contenitore di progetti singoli e condivisi, un tavolo di confronto in cui i cinque possano esplorare le loro pulsioni artistiche. Aprono un percorso di ricerca sul tema della maschera e della buffoneria in collaborazione con Kuniaki Ida, Officina Maschera Teatro I’Sgorbi, Consorzio Mascherai Alpini. Alla ricerca
affiancano il lavoro di produzione artistica. Nel settembre 2013 mettono in scena Voilà spettacolo di clownerie e collaborano poi con Zelig Cabaret e Derby Cabaret al Teatro Manzoni di Milano. Nell’ottobre 2013 vengono segnalati dalle giurie del Premio Nazionale Giovani Realtà del Teatro con il progetto Grand Scandale.
A febbraio 2014 debuttano con la prima produzione di teatro di prosa: Preferirei di no, la storia dei dodici professori che si opposero a Mussolini. A marzo 2014 andrà in scena con Cont(r)atto – esposizione fotografica vivente sul tema della frontiera e della migrazione in collaborazione artistica con la compagnia Autonyme di Losanna e con la collaborazione del fotografo Alberto Campi.

“Silenzio Vol.1” Paola Bonesi – settembre 2014.
Paola Bonesi

Attrice, drammaturga e regista si diploma nel 1987 alla Civica Scuola d’arte drammatica Piccolo Teatro di Milano. Trasferistasi a Trieste, entra a far parte della Compagnia del Teatro Stabile La Contrada. Per diverse stagioni partecipa al Festival Internazionale dell’Operetta di Trieste diretta da Gino Landi e Massimo Scaglione. Dal 2011 collabora col teatro di lingua tedesca Theater in der Altstadt di Merano, diretto da Rudolf Ladurner. Dal 1992 collabora con la sede Rai di Trieste e con la Televisione di Stato Slovena come autrice e interprete radiofonica. A partire dal 1999 affianca l’attività di regista e autrice firmando alcuni spettacoli, tra i quali Rapsodia quartet per carrozze e lampioni a gas in scena al Teatro dell’Orologio di Roma, Come le mosche d’autunno di Irène Nemirovsky in scena a Mittelfest e a Benevento Festival nell’estate 2009.
La ricerca si svolge su due piani differenti e alternati. Il pensiero si struttura in un monologo che passa dal livello interiore a quello esteriore cercando di rispondere alla domanda: chi siamo noi quando odiamo, amiamo e soffriamo? Chi siamo rispetto all’oggetto del nostro sentire? Come siamo in grado di riverbera la vita dentro e fuori di noi?

“Studio per un’autobiografia epica” Marco Casazza – aprile > maggio 2014.
Marco Casazza

Marco Maria Casazza è attore,   regista e traduttore. Diplomato alla Civica Scuola d’arte drammatica Piccolo Teatro di Milano lavora con molti registi di rilievo della scena italiana come Marco Mattolini e Patrick Rossi Gastaldi. Per diverse stagioni fa parte della Compangia del Teatro Stabile di Trieste dove è diretto da Antonio Calenda

Nel 2009 è regista e interprete al Mittelfest e a Benevento Città Teatro su adattamenti di testi tratti da Irene Nemirowsky. Lavora per il cinema e la televisione (Il commissario Rex, Cento Vetrine, Don Matteo, Quam, il rosso e il blu…)

Studio di uno spettacolo di narrazione. Un filo che lega con rigore e coerenza gli episodi di una vita partendo dall’infanzia dove si manifestano le prime insofferenze rispetto a un conformismo dominante (quello pre-sessantottino) e che sfocerà nella ribellione cieca per poi ristrutturarsi secondo una visione “etica” della vita. Ma l’adesione a un principio di coerenza porta con sé diverse problematiche. Lo studio è a uno step iniziale che indaga soprattutto le linee drammaturgiche.

“Il vuoto e il sole” L’Attore in Movimento – giugno 2013.
hqdefault

Nato a Siligo, in provincia di Sassari, passai dagli studi di medicina al teatro, per trasferirmi poi a Roma nel 74, dove tuttora vivo e lavoro. Il teatro mi ha cambiato la vita. I libri mi hanno cambiato la vita. Subito dopo aver cominciato a recitare, ho cominciato a scrivere. Testi teatrali. Ne ho scritti diversi, andati in scena, premiati in concorsi di drammaturgia. E da un certo punto in poi ho cominciato a scrivere anche poesia.   Il doppiaggio, da un certo punto in poi si è accompagnato al teatro e alla scrittura, mi ha regalato ante belle esperienze recitative, soprattutto in film di valore artistico. Scrivo e recito, e canto, per respirare meglio
Un percorso di ricerca espressiva sulla poesia, dalla quale estrarre la narrazione, il personaggio, l’accadimento – e naturalmente il ritmo – cioè la vita in esso contenuta.
La partecipazione involontaria di De André nasce dalla esigenza di porsi in un dialogo ritmico-musicale fra versi su partitura e versi senza partitura; e dalla natura stessa dei testi del cantautore genovese, che cercano la bellezza dove nessuno la vede, in storie oscure, marginali. Proprio perché il vuoto ci assedia di continuo ma il sole è nascosto anche nello sguardo più spento. Così i temi di fondo dei due autori si sommano a formare un unico discorso.

“MBE” Totalab/Canbagnato – 18 > 27 aprile 2013.
MBE Foto 1

Progetto vincitore del Bando per una Residenza Under 35 Cotemporanea Aniene Pop Festival 2013.

Uno studio sospeso tra modi contadini, canti e balli popolari, sacralità e danza contemporanea. Un percorso narrativo/emotivo che si sposta dalla leggerezza quotidiana al senso di una ritualitàcollettiva. Una ricerca registica e coreografica che si svilupperá all’interno del festival grazie a una permanenza sul territorio di un gruppo di giovani artisti: Eugenio Di Vito, Sara di Salvo, Valentina Musolino, Valeria Pediglieri, Emanuela Vitale.

Totalab nasce nel 2009 come luogo di ricerca , progettazione, formazione e produzione delle arti performative. Can Bagnato si  dedica alla ricerca sull’utilizzo della voce nella danza e la creazione di spettacoli di strada.  Entrambe le compagnie fanno parte del collettivo Teatro De Merode e del progetto Johnny Biscotto Extraordinary Caravan, un circo festival che propone il teatro come occasione di socialità.

 

Lascia un commento